La danza macabra è un tema affascinante: specialmente in pittura. E ancora di più in ambito di pittura medievale. Dopo il grande successo riportato a Gubbio per il Festival del Medioevo della lezione spettacolo condotta dal Professore Leonardo Catalano approfondiamo alcuni aspetti di questa affascinante e ancora poco conosciuta tematica della storia dell’arte.
Di particolare attualità il tema deriva dalle paure ataviche che coinvolgono da sempre il genere umano. Da sempre infatti l’uomo lotta contro le malattie, le epidemie e i virus. E da periodi immemorabili l’arte, e la pittura in particolare, indagano sul delicato rapporto tra vita e morte, salute e malattia, inferno e paradiso.
La danza macabra per un certo periodo storico diventa un tema popolare e affrontato con una certa frequenza in tutto il continente europeo. Sin dal XIV secolo in Europa un “brivido creativo” si sposta sulla direttrice nord-sud: da Tallin fino a Palermo. La lezione spettacolo presso il prestigioso Palazzo Ducale di Gubbio tenutasi a settembre 2020 ha analizzato in particolare 3 grandi opere pittoriche: La Danza Macabra di Tallin, Il Trionfo della Morte e la Danza Macabra di Clusone e il Trionfo della Morte di Palermo. Tre memorabili esempi di danza macabra, dipinti dal mar Baltico al cuore del Mediterraneo.
Tallin: la lega anseatica e il ciclo pittorico di San Nicola

Nel XV secolo a Tallin un probabile maestro tedesco (Bernt Notke) già “esperto autore” di altri cicli similari realizza per la Chiesa di San Nicola, dove tutt’ora è conservato, il dipinto. Tra le caratteristiche a renderlo unico senz’altro il supporto sul quale venne realizzato, una tela. Oggi sopravvive solo una parte dei tanti metri in cui si sviluppava l’opera. Da sinistra si coglie la presenza del monaco domenicano. Sotto un baldacchino elabora la sua predica per una platea assolutamente esclusiva: scheletri musicisti e danzatori, re, imperatori, regine, vescovi e persino il Papa! Al di sotto del ciclo un filatterio riporta veri e propri testi-fumetto atti a far parlare ogni partecipante alla Danza Macabra e dove un unico fatto è noto e certo: la morte!
Clusone: la Morte valica le Alpi!
Il secondo ciclo pare simbolicamente voler valicare le alpi ponendosi nella bella e montana Clusone. Sulle pareti esterne dell’Oratorio dei Disciplini il pittore locale Giacomo Borlone de Buschis firma nel 1485 la sua opera. In essa sono presenti non solo le scene della Danza Macabra, ma anche il tema del Trionfo della Morte e la Leggenda dei Tre Cavalieri. Quest’ultima probabilmente è fonte primigenie di tutti i cicli sopra citati. E ricorda già in preziosi codici minati inglesi del XIV secolo l’incontro di tre ricchi e nobili con altrettanti tre personaggi defunti.
Questi ultimi mostrandosi e parlando con i tre vivi mostrano “la fine nota” a cui tutti sono predestinati: ricchi e poveri , giovani e anziani. Tornando al dipinto di Clusone sono originali e aneddotici accessori come l’archibugio tenuto in mano da uno scheletro “aiutante della Morte”, forse la prima rappresentazione in ambito artistico di tale e micidiale nuova arma. Su un sarcofago dove in modo promiscuo papi, vescovi e re appaiono morti, serpentelli e rospi indicano l’aspetto negativo di una natura simbolica e visionaria. Tipica del bestiario medievale europeo.
Palermo crocevia di culture europee

Ultimo ciclo ad essere narrato nel nostro articolo quello di Palermo. In origine collocato nell’Ospedale di Palazzo Sclafani è dal Novecento conservato presso Palazzo Abatellis. In un XV secolo in cui Palermo e la Sicilia si aprono a commerci, culture e politiche internazionali due ricchi palermitani con il supporto di un dotto prelato commissionano l’opera a un artista non ancora identificato.
Tra preziosismi fiamminghi e visionarie rappresentazione ispaniche; senza venir meno l’espressionismo tedesco ante litteram o le proporzioni rinascimentali italiane, l’opera è il perfetto crocevia e punto di incontro di tutti i cicli narrati. Nobili, cortigiane, dotti teologi cristiani e musulmani. Poveri, falconieri. Tutti sono sottoposti al giudizio o meglio al dardo della morte che scheletrica cavalca il suo inquietante destriero. Un’opera iconica che ben rappresenta le paure ataviche e la speranza, attraverso la pittura e che più attanaglia le coscienze umane: la vita, il giudizio finale e la morte. Temi che in Europa nei secoli di passaggio dal Medioevo al Rinascimento ebbe una particolare fortuna iconografica.
Leonardo Catalano
Per avere maggiori approfondimenti sul tema è possibile consultare l‘Archivio Conferenze On line di Narciso d’Autore
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