ECONOMIA E ARTE NEL MEDIOEVO. IL MODELLO FIRENZE TESTIMONIATO DA…UN PRATESE!

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Economia e Arte nel Medioevo. La storia di Firenze da piccolo borgo a capitale del Rinascimento. Testimoniata da un famoso pratese.
Firenze nel medioevo

Economia e arte nel Medioevo: breve storia economica dell’ascesa di Firenze da città di Provincia a culla del Rinascimento europeo.

La città di Firenze ha un ruolo chiave nello sviluppo civile, artistico ed economico della penisola italiana. Presenta però una sua peculiarità rispetto al percorso intrapreso da altre importanti città medievali, economicamente rilevanti.

Tradizionalmente, semplificando, i modelli urbani di sviluppo erano basati perlopiù su una funzione mercantile legata ai traffici e ai commerci, all’intermediazione come si direbbe oggi.  E qui  vengono in mente subito le potenze marinare di Amalfi, Genova, Pisa o Venezia. In alternativa lo sviluppo poteva essere basato su una solida attività manifatturiera: è il caso ad esempio della città di Milano.

Firenze rimane fino al XII secolo circa un centro di media se non scarsa importanza. Circondato da altre città Toscane fino ad allora decisamente più dinamiche come Pisa o Siena. Tra l’altro non può sfruttare, a differenza di queste ultime, nessuna rendita di posizione particolare. Non è posta lungo la Via Francigena, il principale itinerario europeo che collegava il nord ovest del continente con Roma che toccava Siena, né ovviamente può disporre di un’infrastruttura strategica come il porto per Pisa.

La città infatti si trova nell’interno della regione, lungo il fiume Arno, ma a monte del tortuoso corso collinare fluviale posto a est di Empoli che rende praticamente impossibile la navigazione lungo l’alveo del fiume oltre quella località. E’ al centro di un territorio non pianeggiante e con un clima tutto sommato poco gradevole. Ciò nonostante dal 1200 è protagonista di un’ascesa repentina e formidabile che la porterà dapprima a emergere come capoluogo regionale e poi a diventare la culla del Rinascimento e una delle città più ricche, popolose e influenti d’Europa. Addentriamoci dunque nel binomio economia e arte nel medioevo.

Spiegare questo fenomeno non è semplice. E confutarlo con i dati rimane complesso perché ci troviamo in un’era pre-statistica. L’approccio che ci pare più convincente è quello che chiama in causa l’elemento più tipico e attualmente ancora riconducibile alla città di Firenze. Il gusto e la ricerca del bello. Che viene rappresentato nelle arti a cominciare da quella pittorica.

In città era tipica infatti, come in molte altre località, la lavorazione dei panni. In particolare quelli di lana, che poteva sfruttare le abbondanti risorse idriche dell’Arno consentendo produzioni di massa con un ciclo di lavorazione efficiente. L’innovazione fiorentina, il vero genius loci, sarà l’abbinamento della creazione di questi manufatti all’arte. A partire proprio dal XII secolo si diffonde l’uso di far riprodurre ai pittori e alle botteghe della città i modelli dei tessuti che le lavorazioni fiorentine erano state in grado di realizzare. E sono molti gli artisti che vengono coinvolti in quest’opera con la creazione di un numero crescente di affreschi e dipinti nei quali i tessuti fiorentini, le loro raffinatezze e i loro colori sono sempre più protagonisti.

Con il passare del tempo i pittori diventano più raffinati nelle raffigurazioni dei tessuti fiorentini e le loro opere diventano esse stesse famose. Viste da un numero sempre crescente di persone e, anche grazie alla circolazione di alcuni dipinti, in grado di generare un nuovo fiorente mercato: quello delle opere d’arte. Nelle riproduzioni  i protagonisti sono tipicamente le grandi famiglie fiorentine vestite elegantemente con le stoffe della loro città. Sempre più apprezzate e richieste dal mercato. Il meccanismo viene compreso e sfruttato precocemente e l’arte diventa, spesso consapevolmente, la piattaforma culturale, la rete, sulla quale poter innestare la domanda di produzioni locali.

Lavorazioni sempre più ricche e preziose, con colori e forme di pregio. Che alimenteranno un vivace settore di produzione e trasformazione cui farà seguito un altrettanto dinamico sistema collegato alla logistica, alla finanza e ai servizi alle merci che una simile industria richiede. Ed il gioco è fatto: grazie alla potente arma della comunicazione, della pubblicità collegata all’arte, il brand del “made in Firenze” vola sui mercati di tutta Europa alimentando lo sviluppo tumultuoso della città. E dando vita al modello Firenze dove produzione, arte e sviluppo economico sono intimamente connessi. Forse come mai era accaduto in epoche precedenti. Forse come mai era accaduto in luoghi differenti: il percorso che avrebbe portato al Rinascimento era spianato.

Di questo successo e della potenza dell’economia fiorentina possiamo e vogliamo a questo punto dare un’ulteriore evidenza. Se infatti il passaggio da piccola città a capitale economica e culturale è di difficile motivazione, le testimonianze della potenza e dell’influenza dei mercanti fiorentini nel mondo è di più facile trattazione. Molti sarebbero i documenti che potremmo citare, le ambasciate, i servizi finanziari e le rappresentanze che i toscani fondarono in giro per l’Europa.

Ma noi vogliamo citare in particolare un archivio. Poiché la sua ricchezza e complessità non hanno pari nella descrizione delle pratiche di mercatura dell’epoca e forse nella rappresentazione borghese di un’intera società. Per onestà intellettuale occorre subito premettere che dobbiamo allontanarci di qualche chilometro da Firenze e raggiungere la città di Prato. Altro centro tipicamente manifatturiero che raggiungerà addirittura il primato italiano nella lavorazione della lana. Situato a nord ovest della conca fiorentina. Ci riferiamo ovviamente all’archivio Datini.

Francesco di Marco Datini (Prato, 1335-1410) è stato il più famoso mercante pratese della storia. Non sappiamo se sia stato il più ricco ma è sicuramente il più celebre grazie alla raccolta di documentazioni afferenti la pratiche mercantili dell’epoca. Datini fonda infatti un vero e proprio impero, una sorta di impresa multinazionale. La sede principale è a Prato ma le filiali sono a Firenze, Pisa, Genova, Barcellona, Avignone, Valenza. Ovunque serva, in giro per il mondo,  l’intrapresa è coinvolta in numerosissimi traffici e attività che comprendono ovviamente anche merci e uomini di affari fiorentini.  

I documenti che descrivono i commerci sono migliaia. Vengono trattate con minuzia di particolari tutte le attività collegate al commercio: regole, usanze, unità di misurazioni, tassi di cambio, saggi di interesse, qualità dei prodotti e delle materie prime, condizioni e costi dei trasporti, dei noli. E ancora considerazioni sulla manodopera e sulle paghe, sui profitti delle attività, sulle questioni legali e i fallimenti. Insomma un vero spaccato sull’economia dell’epoca corredato anche da riflessioni personali sulla propria esistenza incluso dubbi e angosce esistenziali che ci restituiscono anche l’uomo Datini.  Moltissime sono le lettere, i registri, spesso tenuti con il metodo della partita doppia (pratica modernissima per l’epoca, probabilmente di invenzione veneziana ma adottata con sorprendente organicità nell’archivio) e altri documenti come le famose lettere di cambio. Quei documenti grazie ai quali, con una semplice lettera, ci si poteva recare in una banca di un’altra città e ottenere in cambio della lettera stessa la cifra di denaro trascritta nel documento. Tale operatività è gestita dalle imprese del Datini così frequentemente da farlo descrivere spesso come l’inventore della cambiale o dell’assegno.

Ma a noi non interessava tanto la disputa: Datini probabilmente non inventò gli strumenti finanziari citati. Piuttosto li usò prima e più spesso di molti altri. Quanto testimoniare la complessità e la raffinatezza delle pratiche commerciali che si svilupparono in ambito fiorentino a partire dal ‘200. Con la nascita del modello Firenze in cui economia e arte si fondono come probabilmente mai prima avvenuto e mai più sarebbe stato. Ci intrigava descrivere il primato fiorentino utilizzando un altro primato: una fonte di documentazione di natura economica e commerciale che oltre ad essere geograficamente contigua alla realtà di Firenze non ha pari per completezza e organicità dei  documenti.

Stefano Gibilisco

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